Il cellulare di Sarah venne ritrovato qualche giorno dopo da suo zio, Michele Misseri, padre di Sabrina, che indicò il pozzo in cui aveva nascosto il corpo della ragazzina, confessando di averla uccisa.
Durante i suoi interrogatori, in preda alla confusione, si lasciò sfuggire una volta che nell’omicidio potevano essere coinvolte anche sua moglie Cosima Serrano e Sabrina.
Il movente potrebbe essere stato la rivalità fra le due cugine a causa di un ragazzo, Ivano Russo.
Nella vicenda c’è un testimone, il fiorista Giovanni Buccolieri che dichiarò di aver visto Cosima e Sabrina trascinare Sarah in auto il pomeriggio della sua scomparsa.
Tuttavia, il fiorista poi ritrattò dicendo che aveva sognato tutto ma, ormai accusato di falsa testimonianza, in sede di dibattimento, si avvalse della facoltà di non rispondere.
La Corte, sentiti anche i parenti dello stesso fiorista, ai quali lui aveva fatto quelle confidenze, ritenne quella testimonianza attendibile divenendo la prova regina che condannò Sabrina e Cosima.
Però, secondo i legali delle donne condannate, proprio nella prova regina ci sarebbe una violazione di un diritto fondamentale, quello del giusto processo: tale prova infatti sarebbe stata prodotta senza possibilità di contraddittorio da parte della difesa, perché il fiorista non rispose.
Secondo il legale della Serrano, l’avvocato Borgogno, senza la testimonianza del fioraio, è probabile che non sussistano elementi di colpevolezza a carico delle due.
Per questo hanno presentato ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo (che si esprimerà solo fra 5 anni) contro la sentenza della Corte.