Con il sottotitolo “Un serial killer a Roma”, completato dalla frase “La capitale vive nell’incubo”, esce il romanzo di Marco Marinoni. L’epatologo, scritto circa un decennio fa, trae ispirazione da un articolo di cronaca che Marinoni aveva letto nella primavera del 2015. L’articolo descriveva un intervento chirurgico avvenuto nel 2000, evidenziando che un essere umano può sopravvivere fino a due giorni senza fegato in attesa di un trapianto, ma non oltre.
Dalla cronaca alla narrativa
Il passaggio da un fatto di cronaca a una storia ben costruita, che include nozioni di musica elettronica, minuziose descrizioni di criminalistica e incursioni nella chimica anatomopatologica, non è semplice. Però, Marco Marinoni, docente di musica elettronica al Conservatorio, riesce nell’impresa. Già in precedenza, era stato riconosciuto come un autore promettente.
L’inizio del mistero
La vicenda ha inizio nel maggio del 2017, quando una studentessa del Santa Cecilia entra in un ospedale abbandonato di Roma per registrare suoni per un compito scolastico. Il luogo è spettrale e sinistro, ideale per la registrazione, ma un rumore improvviso la spaventa. Temendo di aver disturbato un clochard, scopre invece un cadavere avvolto in una rete e appeso al soffitto. Al corpo manca una mano e presenta uno squarcio sotto lo sterno, simile a un disegno rituale.
L’indagine del commissario Di Vincenzo
Il commissario Di Vincenzo avvia un’indagine complessa, caratterizzata da simboli ricorrenti come la mano mozzata e l’asportazione del fegato di queste persone ancora vive. Questi elementi collegano persone che sembrano sconosciute tra loro, complicando il lavoro del criminologo Danti, che fatica a trovare un collegamento tra le vittime.
Le vittime e i loro destini
Le vittime comprendono un rappresentante di vini venuto a Roma per acquistare una moto, seguito da Sabina, moglie di un senatore e arredatrice d’interni, ritrovata con gli stessi segni di tortura in una scuola di danza. Due poliziotti, coinvolti nelle indagini, vengono uccisi e gettati nel Tevere. La scia di sangue continua a lungo, descritta con dettagli precisi e una terminologia tecnica che mescola il romanesco per attenuare l’orrore.
Nonostante il tema truculento, il romanzo presenta una dolcezza di fondo, simile a una miscela olfattiva che, inizialmente aggressiva, si dirada per lasciare un aroma buono e affettuoso. La storia esprime amore e rimpianto per la cattiveria umana, spesso espressa con indifferenza. Marinoni riesce a trasmettere un messaggio profondo attraverso una narrazione avvincente e dettagliata, confermando il suo talento narrativo.
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