La violenza, quando colpisce senza pietà, lascia ferite che non scompaiono. In Corea del Sud, nel maggio del 1980, un gruppo di manifestanti ha subito un attacco armato che ha macchiato le strade di Gwangju di sangue innocente.
Partendo da questo episodio, Han Kang costruisce un romanzo che incrocia voci di giovani e adulti, vivi e defunti, in un coro in grado di evocare il dolore di un’intera nazione. Nel corso di Atti umani, l’autrice mette a fuoco momenti di resistenza interiore, narrando quanto riesca a pesare il ricordo di ciò che è stato vissuto o perduto. Le pagine restituiscono uno spaccato storico che ancora oggi risuona di grida inascoltate, e lo fanno attraverso una scrittura affilata e poetica allo stesso tempo.
Con ritmo incalzante, l’opera passa da un’anonima palestra comunale ricolma di corpi senza vita fino alle testimonianze di chi ha visto scomparire familiari e amici. A ogni riga, si avverte la sofferenza di un popolo costretto al silenzio per troppo tempo.
L’aria si fa irrespirabile mentre la censura affonda i propri artigli, eppure la voglia di riappropriarsi della verità rimane forte, quasi impossibile da spegnere. Con queste premesse, Atti umani assume una funzione catartica, un canto che dà spazio a storie che rischiavano di restare mute.
Uno sguardo su Gwangju e i suoi protagonisti
La città di Gwangju diventa un simbolo di resistenza morale. Tra i personaggi spicca Dong-ho, appena quindicenne, in cerca dell’amico scomparso. La sua giovane età rende ancora più toccante il dramma che lo circonda: la paura si mescola alla speranza di ritrovare un volto noto in quell’inferno di corpi accatastati.
Ogni episodio colpisce per la sua concretezza emotiva, segnata da orrori che nessuno vorrebbe mai vedere. Eppure, l’autrice non si limita a mostrare cadaveri e ingiustizie: dà voce alla solidarietà dei sopravvissuti, al coraggio di chi si adopera per un futuro diverso.
Al fianco di Dong-ho si muovono figure come Eun-sook, una redattrice segnata dalle violenze subìte durante gli interrogatori. Attraverso il suo vissuto, si scopre la portata del controllo militare, tra censure editoriali e minacce psicologiche. Parallelamente, all’interno delle celle, esiste chi è stato incarcerato senza avere alcuna possibilità di difesa e chi è sopravvissuto a un vero e proprio inferno. Ogni voce porta con sé una ferita, e insieme danno forma a un mosaico di eventi che, per molti anni, è rimasto in ombra.
La scrittura di Han Kang e il potere del ricordo
Han Kang adotta uno stile essenziale, eppure capace di fendere l’anima. L’orrore non viene camuffato, ma emerge in tutta la sua durezza. L’autrice non ammorbidisce la cruda realtà, e questo dona autenticità a pagine che narrano episodi di sopruso, di silenzio imposto, di ricerca ostinata di chi manca all’appello.
I capitoli si susseguono con prospettive differenti, a volte dalla parte di chi cerca, altre volte dal punto di vista di chi ha cessato di vivere. Quest’alternanza risulta funzionale per far comprendere la collettività di una tragedia spesso ignorata.
In mezzo a queste storie, Han Kang non indietreggia di fronte alle immagini più dolorose, perché trasformarle in racconto significa riscattare almeno una parte di quelle esistenze spezzate. Attraverso una prosa lucida, asciutta ma lirica, lo sguardo si posa su Gwangju, su volti sfocati dal tempo e su ferite mai rimarginate. Il lettore avverte, riga dopo riga, la portata di eventi che hanno segnato un momento storico, rimasto a lungo ai margini della narrazione ufficiale.
Perché leggere Atti umani
La grande forza di questo libro risiede nella sua capacità di restituire dignità a voci dimenticate. Ogni pagina invita a ricordare che ci sono fatti che meritano di essere raccontati, soprattutto quando il silenzio ha regnato per anni. Chi cerca una storia dai toni forti, ma allo stesso tempo pervasa da un sentimento di umanità, troverà in queste righe un invito a riflettere su quanto la memoria collettiva possa resistere a qualsiasi tentativo di cancellazione.
Atti umani diventa dunque una lettura che apre gli occhi su vicende umane trascurate da molte cronache occidentali. Il realismo tagliente di Han Kang è una via d’accesso a un momento oscuro della storia sudcoreana, riportato in superficie grazie a un coraggio narrativo raro. L’autrice non vuole solo rievocare un massacro: intende costruire un filo che connetta chi legge a chi, quei giorni, li ha vissuti sulla propria pelle.
Il libro è la prima uscita della nuova collezione Voci d’Oriente in edicola con Repubblica, a partire dal 22 marzo 2025. Una scelta editoriale che offre al pubblico la possibilità di avvicinarsi a questa vicenda, restituendo voce e memoria a uomini e donne segnati da una pagina di storia drammatica e dimenticata a lungo.
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